Quest’anno si celebra il centenario della morte di un napoletano passionale, occhi neri, voce da tenore ricca di colori e penetrante con una straordinaria presenza scenica: Enrico Caruso.
Fu trionfatore in numerosi teatri italiani e del mondo, dagli Stati Uniti che contribuirono al suo riconoscimento internazionale, al Sud America.
Era nato a Napoli il 25 febbraio del 1873 da una famiglia del popolo e qui vi morì a causa di complicanze polmonari il 2 agosto del 1922. Presso l’ hotel Vesuvio, dove consumò le sue ultime ore di vita, ci fu l’intervento di illustri nomi della medicina dell’epoca come: il prof. Cardarelli e il prof. Giuseppe Moscati, quest’ultimo proclamato Santo da Papà Giovanni Paolo II.
Lo studio severo e rigoroso del “bel canto” mise alla luce le sue tante doti naturali conferendo al giovane artista, tecnica e stile inconfondibile. Interpreto’, nella sua intensa, seppur breve carriera (morì infatti a soli 48 anni), molte opere liriche da Leoncavallo a Mascagni, da Bizet a Gounod, da Verdi a Donizetti e Bellini.
Il debutto, che lo consacro’ a star internazionale, avvenne nel 1908 al Metropolitan di New York a fianco di Arturo Toscanini. Numerose furono le incisioni discografiche a partire dal 1902, epoca in cui si affacciava sul mercato l’industria del disco a 78 giri.
Caruso fu anche un abile caricaturista, i suoi disegni sono esposti in numerosi musei tra i quali la villa cinquecentesca di Bellosguardo vicino Firenze che lo stesso acquisto’ e che oggi è divenuta casa-museo.
Nell’abitazione dove egli nacque, in via San Giovanni e Paolo (San Giovanniello) è stata di recente inaugurata la casa-museo anche ad opera di un altro Illustre napoletano che lo scrivente ha avuto modo di conoscere in modo intenso e familiare: lo storico Aldo De Gioia.

Enrico Caruso (Photo by Library of Congress/Corbis/VCG via Getty Images)

di Gerardo Mosiello 2E

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